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lunedì 4 maggio 2020
domenica 3 maggio 2020
sabato 25 aprile 2020
lunedì 20 aprile 2020
martedì 31 marzo 2020
Inventare il futuro
Introduzione al libro di Srnicek,Williams "Inventare il futuro", Nero edizioni
(esempio di testo argomentativo sul'attualità)
PDF
(esempio di testo argomentativo sul'attualità)
lunedì 30 marzo 2020
giovedì 19 marzo 2020
mercoledì 18 marzo 2020
L'Inno d'Italia
SU MAMELI E L’INNO D’ITALIA
Di un altro genovese bisogna parlare. Le sue date dicono quanto poco abbia vissuto, 1827-1849: Goffredo Mameli. Nato a Genova da nobile famiglia sarda, non aveva nemmeno ventidue anni quando morì: a Roma. Come mai a Roma? Se si guarda con attenzione la data di morte, 1849, la risposta è intuibile. Quello fu l’anno in cui nella capitale del regno pontificio si provò a istaurare una repubblica. Brevissima durata: dal 9 febbraio al 3 luglio, effimero tentativo di dare realtà istituzionale a sogni e aspirazioni di un’intera generazione di patrioti. Papa Mastai, Pio IX, dopo i primi tumulti aveva lasciato la città (novembre 1848) rifugiandosi a Gaeta, regno delle Due Sicilie; da lì invocherà ripetutamente che le monarchie europee lo aiutino a riconquistare, con le armi, il trono.
A Roma, Giuseppe Mazzini, Carlo Armellini e Aurelio Saffi formano un triumvirato che dovrebbe reggere, in una situazione economica e sociale difficilissima, il minuscolo Stato. Il 25 aprile reparti francesi, spediti da Luigi Napoleone e al comando del generale Oudinot, sbarcano a Civitavecchia e si mettono in marcia verso la città per riconsegnarla al papato. Il 30 aprile cominciano gli attacchi. A Roma sono accorsi giovani volontari da molte regioni della penisola: lombardi, piemontesi, veneti, uomini dalle Romagne e, appunto, da Genova, come il ventenne Mameli. I francesi s’aspettano una resistenza poco più che simbolica, sono sorpresi dalla determinazione degli italiani. Nelle mura gianicolensi la loro artiglieria micidiale apre numerose brecce; Giuseppe Garibaldi, che comanda la difesa, sembra essere ovunque; insonne, l’uniforme bianca di polvere, dà istruzioni, ammonisce, rincuora.
In uno dei combattimenti, Goffredo Mameli viene colpito alla gamba. Sulle prime sembra solo una brutta ferita, invece sopraggiunge la cancrena, nemmeno l’amputazione riesce a salvargli la vita. Quando le truppe raccogliticce di Garibaldi s’incolonnano per abbandonare la città, passando sotto l’ospedale dei Pellegrini dove il poeta è in agonia, intonano a bassa voce l’inno da lui composto, musicato dal maestro Novaro: “Fratelli d’Italia…”
Al ventenne Mameli dedico questi pochi versi sulla giovinezza che prendo da una poesia di un altro genovese di fatto (anche se nato a Livorno”: Giorgio Caproni. Ah, quanto sei lontana: “Ah giovinezza | come fu fragile il vento | fra i rami, della tua voce […] Oh, altezza | mai più raggiunta | dal fuoco del cuore…”
Corrado Augias - Questa nostra Italia (p. 138)
AH, QUANTO SEI LONTANA! - GIORGIO CAPRONI
lunedì 16 marzo 2020
Il Sessantotto
Video introduttivo sul '68
Nelle università di molti Paesi del mondo scoppia una contestazione studentesca di portata storica. È uno scontro tra le vecchie e le giovani generazioni, tra due modi di vedere il mondo. Dalla fine degli anni 50, i Paesi occidentali conoscono uno sviluppo economico straordinario. Lussi impensabili fino a pochi anni prima entrano nelle case di molti. Le famiglie possono permettersi di far studiare i figli. Migliaia di giovani affollano le università, che fino a pochi anni prima erano un privilegio per pochi. Intorno alla metà degli anni ’60, in alcuni college statunitensi, gli studenti organizzano manifestazioni per chiedere riforme nella didattica: i giovani vogliono avere un ruolo più attivo nella gestione del sapere. Il rifiuto da parte delle autorità accademiche è netto: si verificano i primi scontri. Le proteste degli studenti escono presto dai confini delle università, e si fondono con il movimento pacifista che chiede il ritiro delle truppe statunitensi dal Vietnam, teatro di una difficile e sanguinosa guerra. Nello stesso periodo, emerge con forza negli USA anche la lotta per i diritti civili della comunità nera: nascono gruppi di lotta come le Black panthers, le “pantere nere”.
I giovani diventano un fronte unico contro il mondo degli adulti, di cui non riconoscono l’autorità. Coniano lo slogan Don’t trust anybody over 30, Non fidarti di chi ha più di 30 anni. Vogliono costruire un mondo diverso: propugnano il pacifismo e l’uguaglianza, difendono le minoranze e contestano la società dei consumi di cui sono figli. Nel maggio del 1968 viene occupata la Sorbona, l’università di Parigi. Da qui la protesta si diffonde in tutta Europa e giunge fino in Giappone. Ovunque, i contestatori si identificano negli stessi ideali, ed esprimono anche nel modo di vestire la loro volontà di rompere con il passato. I giovani del mondo formano un unico popolo: è una delle prime forme di globalizzazione. In Francia e in Italia il movimento studentesco appoggia le rivendicazioni sindacali del movimento operaio, e la lotta delle femministe per l’emancipazione delle donne. In Germania, è particolarmente dura la rivolta contro la generazione dei padri, considerata complice del nazismo. In Cecoslovacchia la lotta assume la forma di una protesta politica contro l’influenza dell’Unione Sovietica nel Paese. I moti del ’68 si placano progressivamente nel giro di pochi anni. Hanno contribuito a rendere più aperta la società, e a far nascere la categoria sociale dei giovani, che prima di allora erano consideranti degli adulti non ancora maturi. Ma il ’68 lascia anche un’altra eredità: alla messa in crisi del sapere accademico non segue infatti la nascita di una nuova cultura, in grado di rispondere agli interrogativi del nostro tempo. Resta così campo libero per la comunicazione di massa, capace di raggiungere grandi numeri di persone, ma portatrice spesso di messaggi effimeri.
I giovani diventano un fronte unico contro il mondo degli adulti, di cui non riconoscono l’autorità. Coniano lo slogan Don’t trust anybody over 30, Non fidarti di chi ha più di 30 anni. Vogliono costruire un mondo diverso: propugnano il pacifismo e l’uguaglianza, difendono le minoranze e contestano la società dei consumi di cui sono figli. Nel maggio del 1968 viene occupata la Sorbona, l’università di Parigi. Da qui la protesta si diffonde in tutta Europa e giunge fino in Giappone. Ovunque, i contestatori si identificano negli stessi ideali, ed esprimono anche nel modo di vestire la loro volontà di rompere con il passato. I giovani del mondo formano un unico popolo: è una delle prime forme di globalizzazione. In Francia e in Italia il movimento studentesco appoggia le rivendicazioni sindacali del movimento operaio, e la lotta delle femministe per l’emancipazione delle donne. In Germania, è particolarmente dura la rivolta contro la generazione dei padri, considerata complice del nazismo. In Cecoslovacchia la lotta assume la forma di una protesta politica contro l’influenza dell’Unione Sovietica nel Paese. I moti del ’68 si placano progressivamente nel giro di pochi anni. Hanno contribuito a rendere più aperta la società, e a far nascere la categoria sociale dei giovani, che prima di allora erano consideranti degli adulti non ancora maturi. Ma il ’68 lascia anche un’altra eredità: alla messa in crisi del sapere accademico non segue infatti la nascita di una nuova cultura, in grado di rispondere agli interrogativi del nostro tempo. Resta così campo libero per la comunicazione di massa, capace di raggiungere grandi numeri di persone, ma portatrice spesso di messaggi effimeri.
domenica 15 marzo 2020
sabato 14 marzo 2020
giovedì 12 marzo 2020
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lunedì 2 marzo 2020
domenica 1 marzo 2020
lunedì 17 febbraio 2020
Guerre del tempo, Verso un'alternativa all'era neocapitalista - Mark Fisher
Articolo tratto da "Il nostro desiderio è senza nome" di Mark Fisher
martedì 11 febbraio 2020
giovedì 6 febbraio 2020
giovedì 23 gennaio 2020
mercoledì 15 gennaio 2020
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Il rapporto con la scienza, la letteratura, il teatro, il cinema
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Testo ed esercizi