mercoledì 18 marzo 2020

L'Inno d'Italia

SU MAMELI E L’INNO D’ITALIA


Di un altro genovese bisogna parlare. Le sue date dicono quanto poco abbia vissuto, 1827-1849: Goffredo Mameli. Nato a Genova da nobile famiglia sarda, non aveva nemmeno ventidue anni quando morì: a Roma. Come mai a Roma? Se si guarda con attenzione la data di morte, 1849, la risposta è intuibile. Quello fu l’anno in cui nella capitale del regno pontificio si provò a istaurare una repubblica. Brevissima durata: dal 9 febbraio al 3 luglio, effimero tentativo di dare realtà istituzionale a sogni e aspirazioni di un’intera generazione di patrioti. Papa Mastai, Pio IX, dopo i primi tumulti aveva lasciato la città (novembre 1848) rifugiandosi a Gaeta, regno delle Due Sicilie; da lì invocherà ripetutamente che le monarchie europee lo aiutino a riconquistare, con le armi, il trono.
A Roma, Giuseppe Mazzini, Carlo Armellini e Aurelio Saffi formano un triumvirato che dovrebbe reggere, in una situazione economica e sociale difficilissima, il minuscolo Stato. Il 25 aprile reparti francesi, spediti da Luigi Napoleone e al comando del generale Oudinot, sbarcano a Civitavecchia e si mettono in marcia verso la città per riconsegnarla al papato. Il 30 aprile cominciano gli attacchi. A Roma sono accorsi giovani volontari da molte regioni della penisola: lombardi, piemontesi, veneti, uomini dalle Romagne e, appunto, da Genova, come il ventenne Mameli. I francesi s’aspettano una resistenza poco più che simbolica, sono sorpresi dalla determinazione degli italiani. Nelle mura gianicolensi la loro artiglieria micidiale apre numerose brecce; Giuseppe Garibaldi, che comanda la difesa, sembra essere ovunque; insonne, l’uniforme bianca di polvere, dà istruzioni, ammonisce, rincuora. 
In uno dei combattimenti, Goffredo Mameli viene colpito alla gamba. Sulle prime sembra solo una brutta ferita, invece sopraggiunge la cancrena, nemmeno l’amputazione riesce a salvargli la vita. Quando le truppe raccogliticce di Garibaldi s’incolonnano per abbandonare la città, passando sotto l’ospedale dei Pellegrini dove il poeta è in agonia, intonano a bassa voce l’inno da lui composto, musicato dal maestro Novaro: “Fratelli d’Italia…”
Al ventenne Mameli dedico questi pochi versi sulla giovinezza che prendo da una poesia di un altro genovese di fatto (anche se nato a Livorno”: Giorgio Caproni. Ah, quanto sei lontana: “Ah giovinezza | come fu fragile il vento | fra i rami, della tua voce […] Oh, altezza | mai più raggiunta | dal fuoco del cuore…”


Corrado Augias - Questa nostra Italia (p. 138)







AH, QUANTO SEI LONTANA! - GIORGIO CAPRONI


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